150 milligrammi – Recensione

14 Febbraio 2017
Irene Frachon, una pneumologa dell’ospedale universitario della piccola cittadina francese di Brest, ipotizza l’esistenza di un legame fra l’assunzione del farmaco Mediator, sul mercato da una trentina d’anni, e il decesso di alcuni suoi pazienti e comincia una dura battaglia contro l’Agenzia Francese del Farmaco – e soprattutto contro il colosso farmaceutico che lo produce – per ritirarlo, insieme al gruppo di ricerca farmacologico del suo ospedale, guidato dal professore Antoine Le Bihan (Benoît Magimel).
“150 milligrammi” (“La fille de Brest”) è ispirato alla battaglia combattuta tra il 2009 e il 2010 dalla “vera” Irene Frachon, una Erin Brockovich impegnata in una lotta alla Davide contro Golia, impetuosa come le onde di quel mare in cui ama tuffarsi e che, alla fine, sembra opprimerla. Una persona perbene, un’eroina “normale” nella quale è facile immedesimarsi, soprattutto per l’interpretazione volitiva e istrionica dell’attrice danese Sidse Babett Knudsen, capace di rendere sul grande schermo ogni emozione. La pellicola, a metà tra il medical drama e il thriller giudiziario, è caratterizzata dal forte realismo (alcune scene in ospedale sono fin troppo crude) e dal ritmo serrato. Anche se l’epilogo della vicenda è prevedibile, la regista Emmanuelle Bercot riesce a mantenere viva l’attenzione e il pathos fino al climax finale.
Monica Scillia